Mercato Campo Marzio

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icona-alimentareDietro via Tomacelli, alla fine di via Monte d'Oro c'è un piccolo mercato che, come tanti, in passato era più importante (una trentina di banchi) e che nel tempo ha perduto diversi commercianti. Il mercato coperto Campo Marzio oggi ha tre banchi di frutta e verdura, un banco per il pesce, una bancarella di fiori nonché un bar e una pizzeria con forno. Il nome del mercato arriva dall'Antica Roma quando sotto il nome di Campo di Marte, Campo Martius, andava una vasta area a nord dell'attuale Campidoglio.

Tra i banchi del mercato

"Mio suocero aveva il banco negli anni Sessanta e l'attività è rimasta in famiglia con mio figlio03 Domenico – racconta Giovanni, il volto "storico" – Una volta il mercato era su due piani, poi a metà degli anni Settanta è stato ristrutturato e da allora non è stato più quello di prima". Oltre alla concorrenza sleale dei supermercati, accusa che ritorna sempre fra i "bancaroli", Giovanni indica la zona a traffico limitato quale causa della crisi del loro mercato. "Non potendo entrare con la macchina le persone acquistano un chilo, massimo due di roba. Una volta c'era un minimo di tolleranza per chi veniva al mercato, oggi non più. Il piano sotterraneo, che potrebbe essere trasformato in parcheggio con ingresso da Piazza Augusto Imperatore, è chiuso e abbandonato". Gli fa eco Lucio, uno dei suoi collaboratori: "Intorno all'ora di pranzo si vede tanta gente che viene qui a farsi il 07panino, il pezzo di pizza, il caffè, ma non sono persone che acquistano al mercato". Accanto ai banchi di frutta e verdura e a quello del pescivendolo infatti c'è il Monte D'Oro Pizza che oltre a pizza, focaccia, insalata propone anche veri e propri piatti: dalle mezze maniche alla gricia alle fettuccine al tartufo passando per l'orata in crosta di patate e il baretto, presi d'assalto nella pausa pranzo dagli impiegati degli uffici. Il banco del pesce negli anni ha cambiato gestore ma non nome Pescheria Monte d'oro, attualmente c'è Marco che lo ha rilevato ed è sempre aperto tranne domenica e lunedì.

 

Il paese di Alice

"Io ho una nonna, si chiama nonna Giuliana. Quando mia nonna era piccola, una bambina poco più grande di me, andava al mercato di Montedoro con la sua mamma. E si divertiva molto con quei due piani di banchi: sotto le pizzicherie dove le regalavano sempre un pezzetto di formaggio, una fettina di prosciutto e poi al piano di sopra la frutta e la verdura.02
Mia nonna Giuliana mi ha raccontato che c'era un banco che aveva un cliente fisso, un signore un po' anziano che tutti i giorni andava al mercato a fare un poco di spesa solo per sé perché viveva solo. Arrivava al banco dove anche la mamma di mia nonna si serviva e cominciava a tastare tutta la frutta. La signora del banco allora esclamava: "E' arrivato il medico delle pere!" Forse aveva la dentiera e gli occorrevano frutti molto maturi".

Quattro passi più in là

C'è un luogo comune – e come tale contiene un nucleo di verità – che affligge Roma da decenni: nel cuore della Città Eterna è impossibile innestare con successo esperimenti di architettura contemporanea. Secondo questo luogo comune, i romani sono condannati in eterno a non avere un loro Beaubourg, a vantare tra le molte meraviglie anche un Guggenheim in salsa capitolina.

arapacisinsC'è un monumento nel cuore di Roma – a pochi passi dal mercato di piazza di Monte d'Oro – che vorrebbe essere la smentita di questo luogo comune, e che rischia invece di suggellarne la conferma: è l'ARA PACIS.
Non parliamo del monumento in sé, l'Altare della Pace voluto dal Senato nel 13 a.C. per celebrare il ritorno dell'imperatore Augusto dalla vittoriosa campagna per mettere fine ai conflitti in Gallia e Spagna.
Con i suoi fregi raffiguranti i progenitori dell'Urbe (Enea, Romolo e Remo) e le imprese del suo primo imperatore, l'Ara Pacis è una dei più classici esempi dell'arte celebrativa romana. E' il suo "involucro" a incarnare la difficoltà di far convivere a Roma l'antico e il contemporaneo: il restyling dell'area realizzato dall'architetto statunitense Richard Meier e inaugurato nel 2005 è stato accompagnato fin dalla sua progettazione da furibonde polemiche. Polemiche sui costi eccessivi, sull'assenza di un concorso pubblico, ma soprattutto critiche feroci sul risultato finale, che pure non ha impedito al museo dell'Ara Pacis di diventare in poco tempo uno dei più visitati della città. Secondo i detrattori, il complesso non solo mal si integrerebbe con il contesto circostante, ma finirebbe anche per oscurare con la sua mole di bianco travertino le chiese di San Girolamo e San Rocco, e l'imponente – ancorché derelitto – Mausoleo di Augusto.

mausoleoinsEd è quest'ultima un'altra opera a suo modo altamente simbolica: se il complesso dell'Ara Pacis rappresenta plasticamente la difficoltà di far dialogare le nuove linee dell'architettura con la classicità antica o con la grazia del barocco, il MAUSOLEO DI AUGUSTO è testimone silenzioso ma eloquente delle mille vite che può avere un monumento nella Città Eterna. Nel corso dei secoli il grandioso complesso funebre dove trovarono sepoltura gli imperatori Augusto, Tiberio, Claudio e Nerva è stato, in ordine sparso: cava, fortezza, circo, vigneto, ospizio, arena per spettacoli di caccia e tauromachie, fonderia, teatro, cantiere, giardino pensile, sala per concerti. E' in questa ultima veste che l'Augusteo, nel novembre del 1921, ospitò il Congresso Fascista che segnò il passaggio cruciale da movimento a partito. E sarà proprio Mussolini, negli anni '30, a ordinare la demolizione del teatro per riportare agli antichi fasti il Mausoleo. Un'operazione miseramente fallita, cui si cerca di porre rimedio oggi con un radicale intervento di restauro tuttora in corso.

dellechiaieinsA questo punto non possiamo non segnalarvi una terza tappa assolutamente obbligatoria della vostra passeggiata, un museo davvero speciale. Non lo troverete nelle guide, ma da più di 20 anni i romani che passeggiano lungo il marciapiede tra il Mausoleo e l'Ara Pacis hanno imparato ad amarne le opere. La prima volta è un inciampo, e al tempo stesso una folgorazione: immaginate di camminare frettolosamente su una strada, immersi nei vostri pensieri, e di notare con la coda dell'occhio qualcosa di strano, un dettaglio fuori posto, un'infrazione della normalità, del senso comune. Può essere un pupazzetto appoggiato a una ringhiera, una sagoma tracciata col gesso sull'asfalto, un cartello scritto a pennarello con una grafia un po' sghemba. Allora vi fermate a guardare un po' meglio, e senza quasi rendervene conto ci siete già dentro: stiamo parlando del MUSEO ALL'ARIA APERTA dell'artista Fausto Delle Chiaie. Il suo uso di materiali quotidiani fa pensare all'Arte Povera, il modo di esporli alla Street Art, il graffio di beffarda ironia che li accompagna alla Pop Art, ma lui, le sue opere, preferisce chiamarle "infrazioni" (come ha spiegato nel suo "Manifesto infrazionista" del 1986) o "donazioni forzate", veri e propri regali lasciati in strada per diventare patrimonio della città e di chiunque la attraversi. E spesso sono i passanti a suggerire idee e fornire materie prime all'artista: perché un altro dei vantaggi del Museo all'aria aperta è di poter sempre scambiare quattro chiacchiere con il suo ideatore/curatore. Dal 1989 infatti Delle Chiaie ogni pomeriggio prende un treno e – temporali permettendo - allestisce la sua mostra in piazza Augusto Imperatore. Se capitaste in zona in una bella giornata di sole e non lo trovaste al suo posto, non vi preoccupate: durante i restauri del Mausoleo di Augusto l'atelier si è spostato nella vicina via di Monte Brianzo, di fronte al Museo Napoleonico. Se l'indirizzo può essere variabile, anche sugli orari non aspettatevi troppa precisione: come recita il titolo del documentario su Delle Chiaie presentato all'ultimo Festival di Cannes, "Il museo chiude quando l'autore è stanco".

Pubblicato il 17/07/2013

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DOVE largo Monte d'Oro
GIORNI DI APERTURA Lunedì - Sabato
ORARIO 7:00 - 15:00
PARCHEGGIO difficile, zona ZTL
AUTOBUS 628, 81
METRO A (Spagna, 800 mt a piedi)