Mercato Garbatella di via di Santa Galla
Arrivando al mercato di via di Santa Galla il primo che si incontra è il barista Cesare, dietro il suo bancone fin dal '68. E' una tappa immancabile nel tour del mercato: lì si ritrovano tutti, anche chi purtroppo al mercato il banco non ce l'ha più: come un commerciante di surgelati che sorseggiando il suo caffè con amarezza ci dice: “Ho dovuto chiudere, non rientravo con le spese.
Tra i banchi del mercato
Però al mercato vengo sempre, per far la spesa e per prendere un caffè”. Cesare non si fa pregare nel raccontare la sua storia e quella del mercato: che nacque all'aperto in via Magnaghi, si trasferì al chiuso nel '52 nella sede storica di via Passino dove lui aprì il suo bar appunto nel '68. “Dieci anni lì, poi nel '78 siamo usciti per ristrutturazione, l'anno me lo ricordo bene perché è nata mia figlia”. E poi rientrati dopo 4 anni fino al 2001 quando ancora una volta per la struttura di via Passino è stato necessario un intervento. Oggi il mercato al coperto è pronto, ma i commercianti non desiderano più rientrare: “Eravamo nel cuore di Garbatella vecchia, ma dopo dieci anni la clientela si è abituata a venire qui e poi il mercato di via Passino non ha passaggio né parcheggio – racconta Sandra, che con il suo banco di abbigliamento, è il presidente della cooperativa. - Già il momento è difficile, se andiamo laggiù ci tagliamo le gambe da soli. Anche qui però la situazione non è buona perché questa sistemazione doveva essere provvisoria. Oggi il mercato non è più bello da vedere: ci sono banchi chiusi e i banchi vecchi, recuperati da un altro mercato, ormai mostrano i segni del tempo. Il mio per esempio era una macelleria e l'ho trasformata in un banco di abbigliamento, non pensavamo certo di starci più di dieci anni”.
Alle tappe della peregrinazione dei banchi corrisponde anche la progressiva emorragia dei commercianti: circa 120 negli anni Sessanta, un'ottantina al primo trasferimento all'aperto, una sessantina all'arrivo in via di Santa Galla e oggi solo 45.
Il mercato però resiste con la sua offerta variegata: la frutta e la verdura naturalmente, come il banco di Gerardo, che si lamenta: “Ho un bel cavolfiore che solo oggi metto a 60 centesimi al chilo e che la gente non compra perché gli sembra troppo grosso. Ma dico: faccio l'offerta per vendere un prodotto fresco e la gente crede che sia vecchio”.Poi c'è il pesce (tra le licenze più antiche quella di Grazia e Massimiliano che hanno ereditato il banco dai genitori che a loro volta l'avevano avuto dai nonni), le “pizzicherie”, la carne, ma anche l'abbigliamento, la biancheria, i prodotti per la casa, persino un banco di bagnoschiuma, creme, shampoo e di trucchi di marca.
“Io ho sessantacinque anni – racconta ancora Sandra – sono una delle più vecchie del mercato, ma ci sono anche dei giovani che pagano il mutuo e che fanno veramente fatica. Non si può lasciare morire il mercato di inedia, abbiamo già visto tre sindaci di diverso colore politico, ma non abbiamo ottenuto nulla”. D'altronde i commercianti di via di Santa Galla avevano fatto una proposta già cinque anni fa: rimanere all'aperto in un terreno in via Capitan Bavastro. Ci sono stati sopralluoghi, riunioni con i sindacati persino una piantina con i banchi, ma poi non se ne è saputo più nulla. E il mercato, con difficoltà, sopravvive.
Da alcuni anni invece si fa della contaminazione e della condivisione il suo cavallo di battaglia, si chiama YaLùz, cucina di vicinato ed è un banco che propone a pranzo e a cena piatti spaziano dalla tradizione italiana (dalla pasta al forno napoletana alle polpette) a quella mediterranea (troverete l'humus e lo tzatziki) ma con un occhio di riguardo nei confronti dei gusti sudamericani. Lo ha creato qualche anno fa Matteo a cui si sono poi aggiunti Andrea, Rosa che sta in cucina, Daniela bravissima con i dolci e Sanjaya. "Scriviamo cucina di vicinato e il quartiere della Garbatella è il nostro primo riferimento - racconta Rosa - ma in realtà abbiamo anche persone che vengono da lontano, da Labaro e Castel di Decima. Per la nostra cucina ci riforniamo dei prodotti del mercato, dai nostri vicini fruttivendoli e pescivendoli mentre carne e uova sono di un produttore bio". Spesso YaLùz (che è un gioco di parole tra i nomi delle figlie di Matteo e la frase "là c'è la luce" in spagnolo) ospita delle serate che possono spaziare tra l'evento gastronomico, quello musicale e la street art. "C'è la serata tutta polpette, comprese quelle vegetariane - racconta Rosa - la serata dedicata al baccalà oppure quella della picanha brasiliana, sono feste aperte a tutti coloro che vogliono mettersi dietro ai fornelli".
Il paese di Alice
“Al mercato della Garbatella sono stata poco prima di Pasqua ed era tutto un tripudio di colombe, uova di cioccolato, ovetti e caramelle. Io, devo dire la verità, ho una grande passione: i lecca lecca. Non mi parlate di caramelle, gelatine o mentine. Io amo i lecca lecca. E la cioccolata, ovvio.
A questo mercato ho visto delle uova giganti, dei colori della squadra di papà, giallo e rosso, e pure di quell'altra... che neppure so qual è! E poi ho visto dei personaggi di cioccolata molto carini tra cui un coniglietto. Mia mamma me lo ha comprato e lo ha messo su un mobile in attesa che venisse Pasqua... Quando è arrivata Pasqua io ero contentissima, volevo mangiare il coniglietto e vedere la sorpresa. Ma quando lo abbiamo aperto... delusione: il coniglio era di cioccolato al latte e non c'era nulla dentro :(. Per fortuna poi che mia nonna Giuliana mi ha portato un grande uovo di cioccolato fondente e dentro c'era pure una collanina!”
Quattro passi più in là
Come vi abbiamo raccontato, nel corso degli anni il mercato rionale della Garbatella si è ritrovato con un piede fuori dal quartiere di origine, per stabilirsi in quella terra di mezzo tra la via Cristoforo Colombo e la via Ostiense che si chiama Circonvallazione Ostiense. Nata come zona di passaggio, sta diventando il cuore di alcune delle più interessanti trasformazioni urbanistiche della città.
Una di queste forse avrà fatto storcere il naso ai proprietari dei banchi del mercato, ma al tempo stesso avrà restituito un pizzico di speranza a chi non si rassegna al degrado di molte strutture di questa città: stiamo parlando della riqualificazione dell'AIR TERMINAL. Con questo nome fu inaugurata nel 1990 – in occasione dei Mondiali di calcio – la stazione che avrebbe dovuto accogliere viaggiatori, turisti e tifosi sbarcati all'aeroporto di Fiumicino. Con le sue volte a botte e le ampie vetrate, il progetto dell'architetto spagnolo Julio Lafuente puntava a rivisitare in chiave contemporanea le grandi stazioni di inizio Novecento, con echi di classicità suggeriti dal richiamo alle monumentali terme romane. Ma il destino della sua opera non è stato all'altezza delle ambizioni: presto snobbata dai passeggeri in transito, in poco tempo la stazione ha visto chiudere uno dopo l'altro i negozi, ed è stata abbandonata fino a diventare un rifugio per senza tetto. Insomma, una storia con tutti gli ingredienti per diventare paradigma – ahinoi - di tante opere “all'italiana”: un grande evento, un architetto prestigioso, grandi ambizioni e grandi investimenti, e poi sprechi, superficialità, mala gestione, incuria. Insomma, un minestrone salatissimo e dal retrogusto amaro. Almeno fino all'anno scorso, quando finalmente qualcuno sembra aver trovato la ricetta giusta: e gli ingredienti non potevano che arrivare dalle eccellenze agroalimentari italiane. Dall'estate del 2012 infatti alcuni locali dell'Air Terminal ospitano Eataly, quattro piani dedicati ai prodotti di qualità e alla ristorazione “tricolore”.
In attesa che proprio tra l'Air Terminal e via di Santa Galla sorga il complesso del Campidoglio 2 (il nuovo polo di uffici del Comune di Roma), l'ultima realizzazione urbanistica in ordine di tempo è il PONTE Ostiense, recentemente intitolato a SETTIMIA SPIZZICHINO. Il ponte è certo interessante per la sua struttura, che strizza l'occhio alle opere di Calatrava, ma senza rinunciare a dialogare con il quartiere: il suo bianco arco reticolare ricorda non soltanto la forma del Dna, ma richiama anche la trama metallica del Gazometro che si staglia sullo sfondo, di là dalla ferrovia. Ma forse è ancor più interessante la sua intitolazione, un invito a ricordare la storia di una straordinaria testimone di una delle pagine più nere della storia della Capitale. Settimia Spizzichino è infatti l'unica donna sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti tra i 1022 ebrei rastrellati nel ghetto di Roma il 16 ottobre del 1943. Tornata a casa dall'inferno di Auschwitz e Bergen-Belsen – che ha inghiottito tra gli altri sua madre, le due sorelle e la figlia di 18 mesi - si è stabilita alla Garbatella, dove ha vissuto fino alla morte a 79 anni. E fino all'ultimo giorno ha tenuto fede all'impegno di tenere viva la memoria degli orrori di cui è stata testimone, raccontando la sua storia ai giovani delle scuole e partecipando attivamente alla vita sociale del quartiere.
E così, anche il nome scelto per il ponte Ostiense sta a ricordarci come lo spirito del mercato di via di Santa Galla sia rimasto alla Garbatella, che d'altronde affaccia i suoi ultimi palazzi proprio sulla Circonvallazione Ostiense, che di fatto segna il confine nord del quartiere. Tra questi, i più famosi sono i cosiddetti “alberghi suburbani”, edifici ideati nel 1928 per ospitare temporaneamente le famiglie fatte sfollare in seguito agli sventramenti del centro storico. Concepiti come veri e propri dormitori pubblici, con ambienti comuni e i servizi al piano terra, sono presto diventati alloggi familiari a tutti gli effetti. Su piazza Biffi si riconosce tra gli altri l'ALBERGO BIANCO, che nel progetto originario doveva ospitare i locali della Maternità. Ed è questo il “set” di un episodio poco conosciuto e piuttosto sorprendente: la visita di Gandhi alla Garbatella. I fatti risalgono all'autunno del 1931, durante un tour europeo intrapreso dal leader indiano per trovare una soluzione diplomatica alle rivendicazioni nei confronti dell'Impero britannico. Di ritorno da Londra, il Mahatma fece tappa anche in Italia. Giunto a Roma il 12 dicembre, ebbe un breve colloquio con Mussolini, mentre non ottenne udienza da papa Pio XI. Pur avendo a disposizione solo due giorni, Gandhi chiese di poter visitare anche i quartieri popolari: voleva vedere come Roma avesse cercato di risolvere l'emergenza abitativa della povera gente, problema che affliggeva anche le sovraffollate metropoli indiane. La scelta cadde sulla Garbatella, e così il 13 dicembre Gandhi – avvolto dal suo tradizionale lenzuolo bianco - fu visto uscire dall'Albergo Bianco accompagnato da una gran folla, come testimoniano le immagini dell'Istituto Luce disponibili anche su YouTube.
DOVE | via di Santa Galla/ Circonvallazione Ostiense |
GIORNI DI APERTURA | Lunedì - Sabato |
ORARIO | 7:00-14:00 |
PARCHEGGIO | difficile sulla circonvallazione |
AUTOBUS | da Largo Argentina, Linea 30 |
METRO | B (fermata Garbatella) |