Mercato Latino

enzo franco cop

icona alimentareicona abbigliamentoIl mercato di Piazza Epiro è uno dei mercati rionali storici della città. Come molti mercati romani negli ultimi anni ha subito una profonda trasformazione tra critiche, polemiche, ma anche qualche giudizio positivo. Originario dell'inizio del Novecento, il mercato ha visto tra i suoi frequentatori un giovane Francesco Totti (originario di Porta Metronia, si allenava nel campetto di via Lusitania) ma anche un altro romano per eccellenza, il grande Alberto Sordi. "Modestamente sono stati miei clienti tutti e due" racconta il fioraio Massimo.

Tra i banchi del mercato

Per tre anni, dal 2004 al 2007, i banchi sono stati in trasferta in viale Metronio, a ridosso delle Mura Aureliane. Poi l'8 settembre 2007 l'inaugurazione della nuova struttura coperta con 56 banchi, che sembrano veri e propri negozi color mattone, bagni, un bar gestito da Marco e Andrea, una tavola calda da asporto, un parrucchiere, il tutto costruito sopra un parcheggio sotterraneo di 150 box privati.marino
La curiosità di questo mercato è proprio il far convivere banchi tradizionali di ortaggi, semi e frutta fresca e secca, di formaggi e salumi, macellerie e pescherie con esercizi di altra vocazione. C'è la merceria “calze e non solo”, il banco-negozio specializzato in aspirapolvere (“riparazioni e ricambi per tutti i tipi di Folletto”), il fioraio e il banco della pasta fresca all'uovo. Disposti in due file con un corridoio centrale sono quasi tutti dotati di insegna. Ognuna esprime lo stile e il gusto del commerciante: “una mela al giorno” è lo slogan corredato di frutti e ortaggi naif del box 22, per la sua pescheria Tiberio ha optato per crostacei e pesci in gigantografia, mentre il pastificio all'ovo ha scelto un carattere anni Settanta con ovetti visti in sezione.
Tra i banchi della frutta e verdura ci sono anche i coltivatori diretti come Carlo e Enza Antogiovanni che da 30 anni anni si alzano prima dell'alba per venire a Piazza Epiro da Fondi. enza carlo''Prima era dura, ora è impossibile – racconta Carlo rimestando i suoi fagiolini – Prima si pagava una bolletta per volta: il telefono, il gas, la luce. Ora non si riesce più a pagarne nessuna. La gente compra poco, tanta roba rimane sul banco. Non moriamo di fame perché ci mangiamo i nostri broccoletti, quando non sono più buoni da dare ai clienti”. Però nonostante l'amarezza, Carlo parla con un sorriso, rimestando i suoi fagiolini. Tra quelli che hanno la licenza più antica c'è sicuramente il fruttivendolo Enzo (nella foto grande con il nipote Franco). "La licenza l'ho ereditata da mia mamma, è del 1946. Io sono del '49 quindi praticamente sono nato al mercato - racconta - Fin da ragazzino subito dopo scuola venivo qui a lavorare al banco e allora si lavorava matteotanto, mica come oggi. Il mercato era aperto anche la domenica mezza giornata, per cui posso dire che la mia scuola è stata il mercato". Tra gli ultimi arrivati al mercato cè il box di Matteo panetteria e pasticceria da forno, accanto al pane offre crostate, ciambelloni e a seconda della stagione tutti i dolci delle festività dalla colomba al panettone.

Il paese di Alice

“Quando sono stata la prima volta al mercato di piazza Epiro sono andata con la mia amica Eleonora che ha la mia stessa età. Eravamo su due passeggini gemelli insieme alle nostre mamme, io guardavo tutto con occhi spalancati mentre lei, che è di quartiere conosceva già tutto e tutti. E tutti conoscevano lei. Quando la sua mamma si fermava ad un banco la salutavano e tutti salutavano Eleonora e io devo ammetterlo, ero un po' gelosa.
Poi però mi sono messa a guardarmi attorno: i banchi dei fiori e quelli delle verdure, i polli appesi e i formaggi esposti e poi dei veri e propri negozi, piccoli ma con tanto di vetrina. Dalla vetrina di un'erboristeria mi guardava un bambino tutto avvolto in un asciugamano, solo dopo un po' ho capito che era un cartellone che reclamizzava il sapone da bagno alla calendula che usa anche la mia mamma.
Dalla vetrina di un altro banco-negozio una signora elegantissima mi fissava con una strana lunga sigaretta in bocca. Era molto bella, ma aveva l'aria un po' triste, dopo ho sentito mia mamma dire che era un'attrice, una tale Audrey in un film dove si faceva colazione in una gioielleria. Strano, no? Dopo quest'altra fregatura ho cercato di osservare meglio per distinguere le persone vere dalle facce da manifesto. 2
Di due facce vere mi sono innamorata. Una era quella di una signora anziana, con tutti i capelli incollati in testa con una crema di uno strano marrone, stava fuori dal parrucchiere con una buffa plastica azzurra intorno alle spalle e si capiva che era scappata per fumarsi una sigaretta. Un'altra era quella un po' rugosa di un signore che, seduto su una seggiola di plastica accanto al suo banco, sbucciava cipolline; in una bacinella aveva quelle con la buccia, nell'altra quelle già sbucciate, immerse nell'acqua. Prima mi ha colpito la sua faccia, poi ho preso a guardargli le mani. Che grande pazienza mi sa che ci vuole a passare la giornata a sbucciare cipolline!”
icone ricettaLA RICETTA DI ALICE
Cipolline in agrodolce
Un'occasione così non si può lasciar scappare: trovare le cipolline già sbucciate è un invito a cucinarle in agrodolce. Per quattro persone. Far sciogliere un pezzo di burro da 50 grammi in una casseruola, aggiungere due cucchiai rasi di zucchero e mezzo bicchiere scarso di aceto balsamico, sale e pepe. Una volta che la salsa è ben amalgamata tuffarci le cipolline (mezzo chilo) e chiudere la casseruola con il coperchio. Stufare le cipolline controllando di tanto in tanto che ci sia sempre del liquido, se si consuma troppo aggiungere un mestolo di brodo vegetale o di acqua calda. In tutto dovrebbero cuocere tre quarti d'ora ma controllate mano mano con la punta di una forchetta.

Quattro passi più in là

sangiovanniPoco lontano dal mercato, in un'oasi di tranquillità nel bel mezzo del trambusto cittadino, vi potete imbattere in una chiesa che – sebbene sia tra le più antiche di Roma – era così all'avanguardia che già nel XVI secolo celebrava matrimoni omosessuali. Si tratta di SAN GIOVANNI A PORTA LATINA. L'affermazione può apparire un po' forzata, ma il riferimento storico ha una fonte d'eccezione: il filosofo, intellettuale e uomo politico francese Michel de Montaigne. Lo testimonia nel suo “Journal de Voyage en Italie”, dove racconta di una “strana confraternita di portoghesi” che “si sposavano tra maschi alla messa, con le stesse cerimonie che noi usiamo per il nostro matrimonio, facevano comunione insieme, leggevano lo stesso nostro Vangelo nuziale e poi dormivano e abitavano insieme”. Per la cronaca, questo esperimento decisamente troppo in anticipo sui tempi (anche sui nostri...) si concluse nel 1578 con lo scioglimento della confraternita e con la condanna a morte per impiccagione di otto confratelli, puntualmente eseguita il 13 agosto dello stesso anno a Ponte Sant'Angelo.
Accanto alla chiesa si trova una cappella ottagonale anch'essa dedicata a SAN GIOVANNI, e ribattezzata “IN sangiovanni oleoOLEO” in ricordo di un episodio della vita del santo. E' in questo luogo che, secondo la tradizione, nel 92 d.C. l'imperatore Domiziano ordinò che Giovanni fosse immerso in una caldaia di olio bollente. Ma a quanto si racconta l'ancora arzillo ottantenne riemerse dalla vasca senza neanche una bruciatura, per lo stupore di quanti erano accorsi per godersi il supplizio. Tra questi c'era lo stesso imperatore, che dopo il miracolo fu implorato dalla folla spaventata di mandare in esilio quell'anziano evidentemente dotato di poteri magici. E fu così che San Giovanni fu spedito sull'isola di Patmos, dove passò gli ultimi anni della sua lunga vita a scrivere il libro dell'Apocalisse.
Continuando a camminare lungo l'omonima via, si arriva alla PORTA LATINA, una delle meglio conservate dell'intera cinta muraria voluta dall'imperatore Aureliano. Eppure si tratta di una porta che ha subito assedi fino a giorni non lontani: nel 1870 riuscì a resistere ai tentativi delle truppe italiane di irrompere nella città per strapparla al dominio del Papa. Respinto, l'esercito regio ripiegò più a nord, e se oggi il 20 settembre di ogni anno si celebra la breccia di Porta Pia, è solo perché la Porta Latina si rivelò museomurainespugnabile! Ma per la nostra passeggiata vale la pena di prendere la direzione opposta rispetto alle truppe sabaude e seguire le mura verso sud, fino ad arrivare all'imponente PORTA SAN SEBASTIANO. Le sue fortificazioni – negli anni '40 requisite ad uso abitazione dal segretario del partito fascista Ettore Muti – oggi ospitano l'interessante e poco noto Museo delle Mura, che ne ripercorre la storia e permette di ri-percorrere per almeno 350 metri i passi delle sentinelle dell'antica Roma.

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